Tango e anarchismo: un binomio poco conosciuto che lo storico Osvaldo Bayer, studioso dell'emigrazione libertaria di origine italiana in Argentina, ha riportato alla luce in un evento di tango ospitato dalla Repubblica della Boca. Bayer è l'autore della biografia dell'anarchico italiano Severino Di Giovanni, una figura romantica che è quasi una leggenda in Argentina. In Italia Di Giovanni e Osvaldo Bayer sono entrambi quasi sconosciuti, eppure di recente di Bayer è stata tradotta in italiano la “Patagonia rebelde”, mentre lo scrittore è stato proiettato come personaggio di fantasia in due romanzi: “Millennium 2” di Manuel Vázquez Montalbán e “Il fioraio di Perón” di Alberto Prunetti. Sul tango anarchico riportiamo la traduzione di un articolo, curata da
Maria Rosaria Bucci, tratto da
Pagina/12.] A.P.
Tango e anarchismo. La novità è che Osvaldo Bayer e Pablo Bernaba, bandoneista e grande compositore del Quinteto Negro La Boca, hanno scritto una milonga sulla figura di Severino Di Giovanni. E l’hanno presentato per la prima volta nella cornice di un festival con connotazioni che fanno al caso loro: da un lato, una presa di posizione ferma contro le chiusure sistematiche che l’amministrazione di Maurizio Macrí sta esercitando sopra i luoghi in cui si suona musica dal vivo per un pubblico popolare. Dall’altro, la concretezza del festival in un quartiere in cui tutto si è mescolato e continua a mescolarsi: il tango, il porto, l’anarchismo, l’immigrazione, la cultura, l’arte e, sintomaticamente, il club di calcio più popolare del paese, in cui l’uomo-chiusura ha cominciato la carriera che lo ha portato al potere. “Il governo di Macrí si è intestardito nel chiudere soprattutto i luoghi di tango per i settori popolari.
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Perciò la parola d’ordine è “Il tango non si chiude”.
All’improvviso, tutto ha cominciato a combaciare, no?… La Boca, gli immigrati, il tango, gli anarchici, la cultura popolare e la pretesa di distruggerla allo stesso tempo”, comincia Bernaba sulle coordinate centrali del 1° Festival di Tango nella Repubblica della Boca, dove domenica 21 novembre sono confluiti – liberamente e gratuitamente- il Quinteto Negro La Boca, María Volonté, Gabriela Elena Trío, la Orquesta Típica La Vidú, Los Borquéz, Dema e la Orquesta Petitera, Juan Vattuone, la Orquesta Tipica Esquina Sur e l’ Alan Haksten Grupp, tra gli altri, con milonghe, kermesse, mostre e dibattiti, come quelli condotti dallo stesso Bayer e Javier Campos, intitolato “Tango e anarchismo”. “ Più tardi suoneremo la milonga di Severino con il Qinteto e Alejandro Guyot, di 34 Puñaladas, dal vivo”, annuncia il musicista poco prima dell’evento.
Da chi è partita l’idea di fare una milonga per Severino Di Giovanni?
Pablo Bernaba: Beh, il libro che Osvaldo ha scritto su di lui ha abbracciato più di una generazione, ed è stato con la conoscenza di questo personaggio che io e molti altri abbiamo imparato ad amare attraverso questa opera . Nel mio ruolo di musicista, nelle mie azioni estetico-politiche, mi è sembrato un gran gesto rendergli omaggio e ovviamente ho pensato che la cosa migliore fosse chiedere a Osvaldo di scrivere le parole. Lui ha accettato molto volentieri. Mi ha passato subito un paio di bozzetti per il tipo di tango che avevo pensato all’inizio, perché l’idea era che le parole mi avrebbero ispirato la musica, e non il contrario. Mi ha passato un paio di testi, ho cominciato a studiare i ritmi che venivano maggiormente usati dagli anarchici di inizio secolo per le loro composizioni e mi sono accorto che la milonga era la più appropriata. Ed è diventata una milonga.
Osvaldo Bayer: La verità è che la milonga era il genere che piaceva di più agli anarchici, che la apprezzavano molto più del tango, e quello che abbiamo dovuto fare è stato riconoscerlo. Io ho scritto qualcosa, ci siamo incontrati molte volte per calcolare insieme le sillabe, cercare di adattarle alla melodia. Così è nata la nostra milonga.
È il suo esordio come “compositore”? Si può parlare di un Bayer paroliere di tango e milonghe adesso?
O.B.: (Ride, pensa). Guardi, ho 83 anni e ho fatto così tante cose nella vita che neppure me le ricordo, ma credo che sia la prima volta che compongo un testo. Quello che avevo già fatto è stata una canzone per i contadini fucilati in Patagonia, ma poi è arrivato l’esilio, ho dovuto lasciare tutte le carte qui e sono andate perse. In ogni caso, con i famosi tangheri Héctor Alterio e Virgilio Expósito ho fatto un disco con tutte le canzoni anarchiche storiche, che ha avuto molto successo e che vende ancora. È il disco che contiene il racconto di Héctor Alterio, con musica presa da vecchie incisioni o registrata di nuovo attraverso vecchi payadores, perché agli anarchici piaceva molto anche la payada.
Osvaldo Bayer e Pablo Bernaba - Foto tratta dall’articolo originale.
Qual è stata insomma la su partecipazione in questa opera? Perché si può dire che il debutto è stato con il testo di Severino…
O.B.: È un fatto storico, il racconto che poi narra Alterio. Ho unito il tango con le marce anarchiche, i canti criolli e le payadas. Li ho collocati nella loro epoca. Quel disco si chiamò Viva l’anarchia ed è uscito nel 1974… È un materiale che si trova alla Federazione Libertaria Argentina, si può trovare là.
P. B.: Osvaldo fa luce su di questo e va bene, perché non sono i testi più conosciuti, né quelli che poi sono rimasti nel tango. È una storia che non si racconta ma che è esistita, e si riscrive tutti i giorni. Stiamo facendo tornare a galla quello che è rimasto e stiamo aggiungendo nuovi significati al tango libertario.
Libertario e viscerale, nel caso della milonga inedita che Bayer non vede l’ora di ascoltare. “Suonala, dai forza”, insiste con il giovane suonatore di bandoneon che si nega immediatamente. “No, non c’è nessuno che canti”, risponde. E aumenta l’ansia dello storico. La sequenza è nella sua casa di Monroe e Arcos, che il suo amico Osvaldo Soriano battezzò “Il Tugurio” – così lo indica un cartello sulla porta d’entrata – e quello che appare è il testo, un messaggio di piuma e fuoco che parla di Di Giovanni come “quell’eroe dimenticato” del quale il popolo ha pianto la morte. Del suo amore per América Scarfó e del tiranno che lo ha ucciso. “Che casino succederà quando si diffonderà!”, si augura Bernaba. “Faccio un esempio, ho fatto un omaggio al Che (“Tango per Guevara”), che non viene trasmesso. Mi hanno anche infamato su Facebook perché sembra che non si possa mettere la politica nel tango.” “Non credo che succederà un casino”, interviene Bayer. “La storia di Severino è molto vecchia, e la gente non lo conosce.” “Sì – replica Bernaba- ma nel testo c’è la parola dinamite, (risate), dinamite e cuore! E da questo non si scappa. Qualcosa sta cambiando, ma il pubblico del tango è molto reazionario.”
Quali saranno gli assi portanti del dibattito, aldilà dell’impronta di Severino e l’esordio della sua milonga?
O.B.: Calerò il pubblico in quell’epoca, perché oggi pochissimi sanno che cosa è stato l’anarchismo, no? L’importanza che hanno avuto gli anarchici alla Boca, come erano organizzati, quali erano le differenze con i socialisti e, più tardi nel ’19, con il comunismo. E come si organizzarono le società operaie dei vari mestieri… E per finire, una panoramica generale sulla cultura inclusa quella anarchica, perché nei locali c’era sempre posto per una biblioteca, per opere di teatro e per le assemblee. Gli anarchici erano tipi molto popolari, tant’è che all’inizio, quando la gente cominciò a giocare a calcio, loro dicevano che era un gioco stupido di undici idioti che correvano dietro un oggetto rotondo (risate), ma poi, quando si accorsero che i preti si impossessarono della palla e che facevano giocare i ragazzi nell’atrio delle chiese, capirono che dovevano fare qualcosa, e crearono il club Mártires de Chicago, che oggi è l’Argentinos Juniors…che paradosso, no?
Hanno cambiato idea…
O. B.: L’hanno fatto perché altri si stavano impossessando del club e vollero dire “guardate che non siamo anarchici, siamo argentini” (risate). Ma il punto è che gli anarchici non solo si misero nel calcio ma anche nella musica popolare, e non solo nelle marce… Gli piacevano molto anche le payadas criolle. Avevano payadores che cantavano dei problemi dei lavoratori. Prima delle assemblee, c’era sempre un criollo che parlava delle ragioni dello sciopero. Era molto bello. Qui ho un canzoniere anarchico con poesie di Evaristo Carriego, Ricardo Gutiérrez e molti altri dedicati non solamente agli immigrati, ma anche ai criollos morti o arrestati con nomi inconfondibili: Zoilo, Toribio.
In termini di tango o musica popolare, è chiaro che l’impronta libertaria non è stata quella che l’industria ha preso come paradigma. Se c’è qualcosa con cui il tango non viene identificato è con le idee anarchiche.
O. B.: Perché i grandi poeti non scrivevano con un linguaggio da battaglia, diciamo. Erano esistenzialisti, parlavano della donna, queste cose.
P. B.: E comunque, molti di quelli che scrivevano, dei grandi poeti come i fratelli Expósito, avevano genitori anarchici. Hanno scritto un testo che si chiama “Guerra alla borghesia”, ma ovviamente, l’opera più conosciuta di Virgilio sarà sempre “Arancio in fiore”. Nella storia sempre resta qualcosa, che è quello che si prende, e sembra che il resto non esista, ma la produzione tanghera dell’epoca era talmente popolare, c’erano talmente tanti autori anonimi e tango-amatori che l’anarchismo non poteva rimanere in disparte. Il problema è che si è nascosto, o che si è portata alla luce solo l’altra parte. Per questo è importante puntare i riflettori su questo lato, e credo che questo festival, per il posto in cui si svolge e per la sua sua parola d’ordine, sia il luogo chiave su cui accendere questi riflettori.
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