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lunedì 7 ottobre 2013

Arte pubblico a Barracas, pezzi di specchio e fotografie di cielo intrappolati in cornici dorate.

Buenos Aires per me è cosí: ti servono solo tre giorni per conoscere i posti considerati ‘da vedere’ dal turista mordi e fuggi che anche solo se fa scalo in un posto dice di esserci stato.

Ma, se possibile ancora piú che in altre cittá, starci e respirarla è davvero tutta un’altra cosa.

È cosí che, se l’obelisco è il primo impatto, o quasi, dopo aver ingurgitato le prime medialunas della permanenza argentina, la splendida calle Lanín è un incontro che molti, pur vivendoci, non fanno. Nell’affascinante eclettismo da bocca aperta e occhi all’insú tipico – o meravigliosamente atipico – dell’architettura di questa cittá ci sono anche loro, le tre coloratissime cuadras tra Brandsen e la Avenida Suárez nel barrio di Barracas, a sud della cittá.

Buenos Aires, tra furia e arte.

L’arte che ha liberato colori e materiali a rincorrersi sulle pareti di circa quaranta facciate della via è quella dell’artista plastico porteño Marino Santa Maria, classe 1949, che ha regalato al quartiere un bel caso della cosiddetta arte pubblica.

arte pubblico a Barracas

Arte.

L’artista aveva iniziato a decorare la facciata della casa che ospita il suo taller, per poi espandersi alle costruzioni vicine e infine alla maggior parte dei bassi edifici della strada, su richiesta degli stessi abitanti che hanno finito col riunirsi in assemblea e partecipare all’opera scegliendo colori e definendo spazi decorabili delle rispettive proprietá.

Ceramica.

Si tratta di motivi astratti con pittura e trencadís (per intenderci, il mosaico irregolare di pezzi di vetro e ceramica tipico di Gaudí) che si susseguono tra le case di Lanín fino al muro della ferrovia, dove fa mostra di sé l’installazione Huellas de aire: pezzi di specchio e fotografie di parti di cielo se ne stanno lí intrappolati in cornici dorate ad ascoltare i treni che passano tra Constitución e il sud del conurbano. Inaugurato nell’aprile 2001 con una grande fiesta callejera, questo bell’angolo della cittá, che tra l’altro ospita di tanto in tanto eventi culturali, ha dunque un ruolo artistico, sociale e, potenzialmente, turistico.

Scoperta.

Per me è stata una bellissima scoperta e, ormai da tempo, rientra a pieno diritto tra i luoghi che piú mi piacciono di questa nostra ciudad de la furia. Vi consiglio quindi di farci un salto, magari approfittando di questi tempi anche per passare nel vicino Hospital Psiquiátrico Borda a lasciare coperte o vestiti vecchi da donare a chi ci vive e lavora in assenza, ormai da due mesi, di gas per scaldare ambienti e acqua in questo inverno australe.

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domenica 6 ottobre 2013

Buenos Aires megalopoli sconfinata dove non sono i supermercati a farla da padrone.

Argentina, paese degli estremi. È l’impressione che porto con me da quando la conosco a quattro’occhi.  Persone gentilissime che ti aprono porta e cuore al volo o cafonazzi che stimolano la recondita voglia di menar le mani.
Buenos Aires megalopoli sconfinata dove non sono i supermercati a farla da padrone ma dove, al contrario, si continua anche ad andare dal fruttivendolo, dal calzolaio e dal macellaio sotto casa senza che nel portafogli vuoto risuoni l’eco. La Villa 31, con le sue vie di fango e le sue leggi della strada, a due passi dal centro sfarzoso, dai palazzi lussosi, da Plaza San Martín, da calle Florida con la Galería Pacifico e giusto accanto all’Hotel Sheraton. E poi bar e ristoranti alla moda e oltre, accanto a baretti e trattorie molto spartani – per non dire di piú – di quelli in cui forse in Italia non entreremmo neanche piú, aspettandoci solo polvere e tristi brioscine confezionate della Bauli.
banderines
E invece qui entriamo fiduciosi, pregustando leccornie in locali che spesso, per lo meno a me, fanno fare un tuffo in quella che doveva essere l’Italia anni Sessanta o giú di lí. Tra Guardia Vieja e Billinghurst c’è un angolo vecchio stile che adoro: el Banderín. È uno storico caffè porteño, dichiarato notable nel 2004, giá ve l’aveva raccontato Gabriella in questo post. Di tanto in tanto ci faccio un salto, sola o in compagnia, per passare un momento di stacco.
Mi piace sedermi accanto alla finestra che si affaccia su Guardia Vieja, guardare la gente che passa, indovinare chi entrerá e sbirciare l’altro lato della strada, dove  l’altrettanto vecchio almacen racchiude un’infinitá di barili e latte piene di olive e sottaceti. L’anno scorso durante i mondiali di calcio andavo a far colazione al Banderín con due o tre amici guardando la prima partita del giorno, insieme agli altri clienti col naso all’insú verso il televisore che sempre trasmette sport.
Le pareti sono tappezzate di gagliardetti, maglie firmate, ritagli di vecchi articoli che raccontano prodezze sportive. Un gattone si aggira per il locale o se ne sta pigramente accovacciato su una sedia libera, mentre clienti di qualsiasi etá spalancano le porte e si avvicendano ai tavoli e al bancone, dove di norma fa bella mostra di sé una teglia piena zeppa di medialunas e facturas tra le piú ghiotte che io abbia mai mangiato. Con un café con leche ben caldo tra le mani e una medialuna cicciottella da addentare, el Banderín è un bell’angolo di mondo nel quale concedersi una pausa e guardar fuori dalla finestra da una prospettiva d’altri tempi.
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sabato 5 ottobre 2013

Il meglio di Argentina Tour: i 10 articoli più letti nel mese di Settembre 2013.

1.- L’anarchismo nel tango è qualcosa che si è voluto nascondere.

Severino_di_Giovanni1[Tango e anarchismo: un binomio poco conosciuto che lo storico Osvaldo Bayer, studioso dell'emigrazione libertaria di origine italiana in Argentina, ha riportato alla luce in un evento di tango ospitato dalla Repubblica della Boca. Bayer è l'autore della biografia dell'anarchico italiano Severino Di Giovanni, una figura romantica che è quasi una leggenda in Argentina. In Italia Di Giovanni e Osvaldo Bayer sono entrambi quasi sconosciuti, eppure di recente di Bayer è stata tradotta in italiano la “Patagonia rebelde”, mentre lo scrittore è stato proiettato come personaggio di fantasia in due romanzi: “Millennium 2” di Manuel Vázquez Montalbán e “Il fioraio di Perón” di Alberto Prunetti. Sul tango anarchico riportiamo la traduzione di un articolo, curata da Maria Rosaria Bucci, tratto da Pagina/12.] A.P.

2.- Refranes, se non siete amanti dell’eloquio meglio che cambiate città, a Buenos Aires piace parlare.

refranesLa scrittura induce a una disattenzione, una atrofia dell’arte della memoria. Però la memoria è la «Madre delle Muse», il dono umano che rende possibile l’apprendimento.

G. Steiner, Lecciones de los maestros

Una bottiglia di vino, un tavolo intriso di discorsi, sottofondo in dos por cuatro. Se non siete amanti dell’eloquio meglio che cambiate città. A Buenos Aires piace parlare. Le gole si consumano su un indescrivibile tutto. Grandi lettori gli argentini, non pensiate mai di fare i furbi citando titoli che non destreggiate. Grandi appassionati di sport. Io venni punito sonoramente ad una festa dove mi si chiese per che squadra tifassi: “beh ovvio per la Fiore, sono di Firenze”.

 

3.- I magnifici dieci, i migliori film della storia del cinema argentino.

I magnifici dieciLa rivista Rumbos – esce con l’edizione domenicale di diversi giornali regionali – ha chiesto a venticinque personaggi del cinema argentino (attori, registi, scrittori, etc.) di indicare i loro film preferiti. Ne è uscita questa classifica dei “dieci migliori film” della storia del cinema nazionale. Molti di essi si possono vedere interi su youtube, quasi tutti dovrebbero essere disponibili a noleggio o acquisto, per chi vive qui. I link che ho messo io vanno al trailer su youtube, o alla pagina wikipedia, secondo come mi girava. L’inquietante foto del titolo è tratta da El dependiente; il video finale è un trailer (artigianale?) del terrificante (e amatissimo, da quasi tutti gli altri) Esperando la carroza, l’unico film che per me poteva stare tranquillamente fuori dalla lista.

4.- Il meglio di Argentina Tour: i 10 articoli più letti nel mese di Agosto 2013

Il ghiacciaio Perito Moreno offre un fenomeno naturale unico: la rottura d´immensi blocchi di ghiaccio.

All´interno del Parco Nazionale I Ghiacciai si trova il ghiacciaio Perito Moreno, una meravigliosa lingua o massa di ghiaccio di 5000 metri di fronte e 60 m di altezza sopra il livello del lago Argentino. È il piú famoso dei 356 ghiacciai che integrano il parco. A differenza d´altri ghiacciai, dove soltanto si producono distaccamenti, il Perito Moreno offre un fenomeno naturale unico: la rottura d´immensi blocchi di ghiaccio. Lo spettacolo è impressionante. Una massa colossale di ghiaccio bianco azzurro emerge dalle gelide acque. I crolli delle sue pareti si producono costantemente, causando un forte strepito, dopo il quale la calma e il silenzio tornano a irrompere in questo paradiso gelato.

5.- Ushuaia, la città alla "fine del mondo": grossi leoni marini e un magnifico parco naturale.

Molti la definiscono la città alla “fine del mondo”. E, in effetti, eliminando il pathos un tantino drammatico, la definizione calza a pennello: Ushuaia è la città più australe del pianeta, l’ultima del mondo andando verso sud, insomma. Per davvero ci si sente come alla fine di qualcosa ad Ushuaia. Il paesaggio è intensissimo e lascia senza respiro: fuori neve, sempre neve. Attorno montagne maestose e appena di là dallo sguardo, il Cile. Se non siamo alla fine di questo mondo, a Ushuaia siamo senz’altro all’inizio di un altro: le atmosfere sono da favola, con quelle classiche casette di legno che restituiscono la vivida sensazione di una vita sorridente, gli alberi, poi, hanno nomi strani da paese delle meraviglie: Winteri di Drimys, Nothofagus e Magellano di Maytenus, tanto per dire.

6.- L’Obelisco di Buenos Aires è un monumento nazionale eretto nella capitale dell’Argentina.

obelisco_buenos_airesL’Obelisco di Buenos Aires è un monumento nazionale eretto nella capitale dell’Argentina. L’obelisco sorge a Buenos Aires, nella Plaza de la Republíca, all’intersezione fra avenida Corrientes e 9 de Julio e fu costruito per festeggiare il quarto centenario della fondazione della città. La costruzione della struttura cominciò il 20 marzo 1936. L’obelisco fu ufficialmente inaugurato il 23 maggio dello stesso anno. Il progetto è dovuto all’architetto argentino Alberto Prebisch, uno dei rappresentanti principali del modernismo argentino, autore anche del vicino Teatro Gran Rex, su incarico dell’intendente Mariano de Vedia y Mitre, a sua volta incaricato dell’opera dal presidente Augustín Pedro Justo. Per quanto riguarda la forma del monumento lo stesso Prebisch dichiarò: «Si è adottata questa semplice e onesta orma geometrica perché è la forma tradizionale degli obelischi.

7.- La nazionale argentina di rugby a 15 e la migliore in assoluto del continente americano.

los-pumas uarL'Unión Argentina de Rugby (UAR) è l'organismo di governo del Rugby XV in Argentina. È membro dell'International Rugby Board con un posto nel Consiglio Esecutivo. È dalla UAR che dipende la nazionale di rugby argentina, conosciuta anche come Los Pumas. E la rappresentante ufficiale dell’Argentina nelle competizioni e nei test-match di Rugby Union ed è sotto la giurisdizione della Unión Argentina de Rugby (sino al 1951 Union de Rugby de Rio de la Plata). È tra le migliori nazionali di rugby a 15 del mondo (a ottobre 2010 occupa la 8ª posizione del ranking mondiale IRB) e la migliore in assoluto del continente americano. Classificatasi terza alla Coppa del Mondo 2007 alle spalle di Sudafrica e Inghilterra e davanti alla Francia, dal 2012 prende parte al The Rugby Championship.

8.- Matambre, un classico argentino grigliato o al forno.

matambre

La carne del vitellone rispetto a quella del vitello ha una minore percentuale  di acqua e un contenuto proteico leggermente maggiore (22g%). Ingredienti:
1 kg di carne di vitellone in un'unica fetta
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
1/2 foglia d'alloro
250 g di spinaci crudi
3-4 uova sode
3 carote
1 peperoncino

9.- Prodotti tipici argentini: il mate e i suoi significati.

mate_3Il nome scientifico della pianta dalla quale si ricava la Yerba Mate è Ilex paraguayensis. Si tratta di un albero o arbusto appartenente alla famiglia delle Aghifogliacee che può misurare tra i 3 e gli 8 metri di altezza. Ha foglie perenni dicolore verde brillante leggermente chiuse con una lunghezza che varia da 4 a 10 centimetri. Di origine Sud Americana si coltiva nel Paraguay, Uruguay, Brasile, Argentina (provincia di Misiones), e nel sud della Bolivia.
La Yerba Mate viene preparata con palo (con il picciolo) o sin palo (senza picciolo): l'erba con palo ha un sapore più deciso e più amaro; l'erba sin palo ha un sapore più morbido.

10.- L'Argentina ha prodotto una serie di fumettisti incredibile, che hanno segnato la storia di questa arte (2a parte).

ESSENTIAL 11: 11 fumetti argentini da Claudio Ferracci Robin Wood Rinaldo Traini Ricardo Barreiro Quino Planeta DeAgostini Pablo Echaurren Nuages Juan Gimenez Josè Munoz Horacio Altuna Héctor Oesterheld Guillermo Saccomanno Francisco Solano Lopez Eura Editoriale Delcourt Comma 22 Comic Art Cinzia Leone Carlos Trillo Carlos Sampayo Carlos Meglia Andrea Pazienza Alberto Breccia 001 Edizioni Fantagas di Carlos Nine. Il fondato sospetto che il seggio Luigi XV se la faccia con la gatta di casa inquieta non poco l’ispettore Pernot, quando in casa Renaud l’orrore bussa alla porta…
Il più visionario e surreale artista argentino, Carlos Nine, paragonabile forse solo all’Herriman di Krazy Kat, confeziona un’opera di grande suggestione visiva (due storie di 46 pagine per essere precisi) che narra di Pernot, poliziotto alcolizzato a caccia del serial killer Fantagas, in un paesaggio onirico, dai contorni sfumati, tra un’umanità (se così si possono chiamare gli strani animali che popolano la storia) quanto mai allucinata e schizofrenica, spesso travolta da insopprimibili pulsioni erotiche.

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venerdì 4 ottobre 2013

L’anarchismo nel tango è qualcosa che si è voluto nascondere.

Tango e anarchismo: un binomio poco conosciuto che lo storico Osvaldo Bayer, studioso dell'emigrazione libertaria di origine italiana in Argentina, ha riportato alla luce in un evento di tango ospitato dalla Repubblica della Boca. Bayer è l'autore della biografia dell'anarchico italiano Severino Di Giovanni, una figura romantica che è quasi una leggenda in Argentina. In Italia Di Giovanni e Osvaldo Bayer sono entrambi quasi sconosciuti, eppure di recente di Bayer è stata tradotta in italiano la “Patagonia rebelde”, mentre lo scrittore è stato proiettato come personaggio di fantasia in due romanzi: “Millennium 2” di Manuel Vázquez Montalbán e “Il fioraio di Perón” di Alberto Prunetti. Sul tango anarchico riportiamo la traduzione di un articolo, curata da Maria Rosaria Bucci, tratto da Pagina/12.] A.P.
Severino_di_Giovanni1
Tango e anarchismo. La novità è che Osvaldo Bayer e Pablo Bernaba, bandoneista e grande compositore del Quinteto Negro La Boca, hanno scritto una milonga sulla figura di Severino Di Giovanni. E l’hanno presentato per la prima volta nella cornice di un festival con connotazioni che fanno al caso loro: da un lato, una presa di posizione ferma contro le chiusure sistematiche che l’amministrazione di Maurizio Macrí sta esercitando sopra i luoghi in cui si suona musica dal vivo per un pubblico popolare. Dall’altro, la concretezza del festival in un quartiere in cui tutto si è mescolato e continua a mescolarsi: il tango, il porto, l’anarchismo, l’immigrazione, la cultura, l’arte e, sintomaticamente, il club di calcio più popolare del paese, in cui l’uomo-chiusura ha cominciato la carriera che lo ha portato al potere. “Il governo di Macrí si è intestardito nel chiudere soprattutto i luoghi di tango per i settori popolari.
Leggi anche: L'oro delle Ande: la cerimonia del Chaccu.
Perciò la parola d’ordine è “Il tango non si chiude”.
All’improvviso, tutto ha cominciato a combaciare, no?… La Boca, gli immigrati, il tango, gli anarchici, la cultura popolare e la pretesa di distruggerla allo stesso tempo”, comincia Bernaba sulle coordinate centrali del 1° Festival di Tango nella Repubblica della Boca, dove domenica  21 novembre sono confluiti – liberamente e gratuitamente- il Quinteto Negro La Boca, María Volonté, Gabriela Elena Trío, la Orquesta Típica La Vidú, Los Borquéz, Dema e la Orquesta Petitera, Juan Vattuone, la Orquesta Tipica Esquina Sur e l’ Alan Haksten Grupp, tra gli altri, con milonghe, kermesse, mostre e dibattiti, come quelli condotti dallo stesso Bayer e Javier Campos, intitolato “Tango e anarchismo”. “ Più tardi suoneremo la milonga di Severino con il Qinteto e Alejandro Guyot,  di 34 Puñaladas, dal vivo”, annuncia il musicista poco prima dell’evento.

Da chi è partita l’idea di fare una milonga per Severino Di Giovanni?
Pablo Bernaba: Beh, il libro che Osvaldo ha scritto su di lui ha abbracciato più di una generazione, ed è stato con la conoscenza di questo personaggio che io e molti altri abbiamo imparato ad amare attraverso questa opera . Nel mio ruolo di musicista, nelle mie azioni estetico-politiche, mi è sembrato un gran gesto rendergli omaggio e ovviamente ho pensato che la cosa migliore fosse chiedere a Osvaldo di scrivere le parole. Lui ha accettato molto volentieri. Mi ha passato subito un paio di bozzetti per il tipo di tango che avevo pensato all’inizio, perché l’idea era che le parole mi avrebbero ispirato la musica, e non il contrario. Mi ha passato un paio di testi, ho cominciato a studiare i ritmi che venivano maggiormente usati dagli anarchici di inizio secolo per le loro composizioni e mi sono accorto che la milonga era la più appropriata. Ed è diventata una milonga.
Osvaldo Bayer: La verità è che la milonga era il genere che piaceva di più agli anarchici, che la apprezzavano molto più del tango, e quello che abbiamo dovuto fare è stato riconoscerlo. Io ho scritto qualcosa, ci siamo incontrati molte volte per calcolare insieme le sillabe, cercare di adattarle alla melodia. Così è nata la nostra milonga.

È il suo esordio come “compositore”? Si può parlare di un Bayer paroliere di tango e milonghe adesso?
O.B.: (Ride, pensa). Guardi, ho 83 anni e ho fatto così tante cose nella vita che neppure me le ricordo, ma credo che sia la prima volta che compongo un testo. Quello che avevo già fatto è stata una canzone per i contadini fucilati in Patagonia, ma poi è arrivato l’esilio, ho dovuto lasciare tutte le carte qui e sono andate perse. In ogni caso, con i famosi tangheri Héctor Alterio e Virgilio Expósito ho fatto un disco con tutte le canzoni anarchiche storiche, che ha avuto molto successo e che vende ancora. È il disco che contiene il racconto di  Héctor Alterio, con musica presa da vecchie incisioni o registrata di nuovo attraverso vecchi payadores, perché agli anarchici piaceva molto anche la payada.
Osvaldo Bayer e Pablo Bernaba - Foto tratta dall’articolo originale.
Qual è stata insomma la su partecipazione in questa opera? Perché si può dire che il debutto è stato con il testo di Severino…
O.B.: È un fatto storico, il racconto che poi narra Alterio. Ho unito il tango con le marce anarchiche, i canti criolli e le payadas. Li ho collocati nella loro epoca. Quel disco si chiamò Viva l’anarchia ed è uscito nel 1974… È un materiale che si trova alla Federazione Libertaria Argentina, si può trovare là.
P. B.: Osvaldo fa luce su di questo e va bene, perché non sono i testi più conosciuti, né quelli che poi sono rimasti nel tango. È una storia che non si racconta ma che è esistita, e si riscrive tutti i giorni. Stiamo facendo tornare a galla quello che è rimasto e stiamo aggiungendo nuovi significati al tango libertario.
Libertario e viscerale, nel caso della milonga inedita che Bayer non vede l’ora di ascoltare. “Suonala, dai forza”, insiste con il giovane suonatore di bandoneon che si nega immediatamente. “No, non c’è nessuno che canti”, risponde. E aumenta l’ansia dello storico. La sequenza è nella sua casa di Monroe e Arcos, che il suo amico Osvaldo Soriano battezzò “Il Tugurio” – così lo indica un cartello sulla porta d’entrata – e quello che appare è il testo, un messaggio di piuma e fuoco che parla di Di Giovanni come “quell’eroe dimenticato” del quale il popolo ha pianto la morte. Del suo amore per América Scarfó e del tiranno che lo ha ucciso. “Che casino succederà quando si diffonderà!”, si augura Bernaba. “Faccio un esempio, ho fatto un omaggio al Che (“Tango per Guevara”), che non viene trasmesso. Mi hanno anche infamato su Facebook perché sembra che non si possa mettere la politica nel tango.” “Non credo che succederà un casino”, interviene Bayer. “La storia di Severino è molto vecchia, e la gente non lo conosce.” “Sì – replica Bernaba- ma nel testo c’è la parola dinamite, (risate), dinamite e cuore! E da questo non si scappa. Qualcosa sta cambiando, ma il pubblico del tango è molto reazionario.”

Quali saranno gli assi portanti del dibattito, aldilà dell’impronta di Severino e l’esordio della sua milonga?
O.B.: Calerò il pubblico in quell’epoca, perché oggi pochissimi sanno che cosa è stato l’anarchismo, no? L’importanza che hanno avuto gli anarchici alla Boca, come erano organizzati, quali erano le differenze con i socialisti e, più tardi nel ’19, con il comunismo. E come si organizzarono le società operaie dei vari mestieri… E per finire, una panoramica generale sulla cultura inclusa quella anarchica, perché nei locali c’era sempre posto per una biblioteca, per opere di teatro e per le assemblee. Gli anarchici erano tipi molto popolari, tant’è che all’inizio, quando la gente cominciò a giocare a calcio, loro dicevano che era un gioco stupido di undici idioti che correvano dietro un oggetto rotondo (risate), ma poi, quando si accorsero che i preti si impossessarono della palla e che facevano giocare i ragazzi nell’atrio delle chiese, capirono che dovevano fare qualcosa, e crearono il club Mártires de Chicago, che oggi è l’Argentinos Juniors…che paradosso, no?

Hanno cambiato idea…
O. B.: L’hanno fatto perché altri si stavano impossessando del club e vollero dire “guardate che non siamo anarchici, siamo argentini” (risate). Ma il punto è che gli anarchici non solo si misero nel calcio ma anche nella musica popolare, e non solo nelle marce… Gli piacevano molto anche le payadas criolle. Avevano payadores che cantavano dei problemi dei lavoratori. Prima delle assemblee, c’era sempre un criollo che parlava delle ragioni dello sciopero. Era molto bello. Qui ho un canzoniere anarchico con poesie di Evaristo Carriego, Ricardo Gutiérrez e molti altri dedicati non solamente agli immigrati, ma anche ai criollos morti o arrestati con nomi inconfondibili: Zoilo, Toribio.

In termini di tango o musica popolare, è chiaro che l’impronta libertaria non è stata quella che l’industria ha preso come paradigma. Se c’è qualcosa con cui il tango non viene identificato è con le idee anarchiche.
O. B.: Perché i grandi poeti non scrivevano con un linguaggio da battaglia, diciamo. Erano esistenzialisti, parlavano della donna, queste cose.
P. B.: E comunque, molti di quelli che scrivevano, dei grandi poeti come i fratelli Expósito, avevano genitori anarchici. Hanno scritto un testo che si chiama “Guerra alla borghesia”, ma ovviamente, l’opera più conosciuta di Virgilio sarà sempre “Arancio in fiore”. Nella storia sempre resta qualcosa, che è quello che si prende, e sembra che il resto non esista, ma la produzione tanghera dell’epoca era talmente popolare, c’erano talmente tanti autori anonimi e tango-amatori che l’anarchismo non poteva rimanere in disparte. Il problema è che si è nascosto, o che si è portata alla luce solo l’altra parte. Per questo è importante puntare i riflettori su questo lato, e credo che questo festival, per il posto in cui si svolge e per la sua sua parola d’ordine, sia il luogo chiave su cui accendere questi riflettori.
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Refranes, se non siete amanti dell’eloquio meglio che cambiate città, a Buenos Aires piace parlare.

La scrittura induce a una disattenzione, una atrofia dell’arte della memoria. Però la memoria è la «Madre delle Muse», il dono umano che rende possibile l’apprendimento.

G. Steiner, Lecciones de los maestros

Una bottiglia di vino, un tavolo intriso di discorsi, sottofondo in dos por cuatro. Se non siete amanti dell’eloquio meglio che cambiate città. A Buenos Aires piace parlare. Le gole si consumano su un indescrivibile tutto. Grandi lettori gli argentini, non pensiate mai di fare i furbi citando titoli che non destreggiate. Grandi appassionati di sport. Io venni punito sonoramente ad una festa dove mi si chiese per che squadra tifassi: “beh ovvio per la Fiore, sono di Firenze”. Pensavo che si sarebbero accontentati del solito “eh el Bati un héroe para nosotros”. Finii per essere interrogato a marca stretta sui cori della curva Fiesole e, ahimé, con pessima figura dovetti ammettere che io in realtà di calcio non ne sapevo assolutamente niente. E quando curioso di tanta contezza dello spavaldo porteño chiesi come facesse ad avere una conoscenza così capillare del mondo del calcio, tanto da sgamare il mio bluff, la risposta fu decisa, icastica e definitiva: “A mamà mona con bananas verdes?”

refranes

E certo i refranes; parola che al nostro udito suona piú simile a refrain ovvero ritornello ma che in realtà va tradotta come proverbi. Sintesi per eccellenza nella cultura popolare, di una conoscenza che si eleva a metafora, a motto, a postulato. Se saputo usare il refrán è una specie di zeta di Zorro con la quale si può mettere il punto definitivo all’analisi di un accadimento.

Ma non è tanto questo l’aspetto che mi interessa dei refranes porteños quando arrivano impetuosi e impietosi al mio udito. No, quello che mi interessa è che li riconosco. Mi spiego meglio. Questa città è un calderone di etnie e sfumature culturali. Ci siamo tutti qui dentro e la lingua svolge un compito importante perché è un codice nato proprio da questa misticanza convenuta sulle sponde del Rio de la Plata. Ora, questi proverbi sono stati portati con le valigie e solo successivamente passati alla lingua del luogo. Sono quel bagaglino sapienziale che ci rimette in contatto con i nostri avi e non solo. Essi riconfermano un dato di fatto: la nostra indiscutibile appartenenza alla razza umana.

E allora se “chi dorme non piglia pesci” è bene sapere che “Cocodrilo que durmió: cartera” Con un notevole stacco comico rispetto alla versione italiana già che qui entra il tema della morte. Poi però se “de tal palo tal astilla” allora “tale padre tale figlio”. E non scordiamoci che “chi si alza presto guadagna un giorno” per questo “quien madruga dios lo ayuda”. Certo questo vale se sei uomo o donna di lena e di fatica. Tuttavia “no por mucho madrugar amanece mas temprano” che poi stornato alla moneta d’un napoletano verace viene “Hai voglia ‘e mettere rum… chi nasc’ strunz nun po’ addiventà babbà”. E quindi prendiamo atto che le cose hanno bisogno del loro naturale svolgimento per compiersi o esprimersi su questa terra.

Io però l’ho presa veramente di punta questa storia dei refranes. Così le mie cene bonaerensi hanno sempre un angolino di ilare discussione sui proverbi argentini. Ce ne sono alcuni che adoro, anche se nell’immediato non ho trovato nessuna corrispondenza nella mia lingua. Sarà che magari gli archetipi giacciono nelle valigie di migranti di altri paesi. Prendete questo ad esempio: “para muestra basta un botón” È bellissimo, e rimando a voi lettori le collazioni del caso. Sarebbe come dire che per capire qualcuno o qualcosa è sufficiente poco. Quello che mi garba del costrutto lessicale di questo motto è l’uso del basta come verbo, nel senso di “è sufficiente, è abbastanza”, esattamente come si usa in italiano. Io qui in Argentina non lo avevo mai sentito usare così. Basta come avverbio sì: Basta! No me hinches mas la pelotas.

Un altro proverbio che mi è arrivato direttamente dal pueblito di Salliqueló è il seguente: “se hizo el boludo como peludo que se cogió a un charango” Complicatissimo. Il peludo è l’armadillo, e il charango è lo strumento a corde che originariamente si costruiva con la parte cornea dell’armatura dell’armadillo. Il verbo coger non abbisogna di traduzioni tra i lettori di questo blog che facilmente saranno giunti al nucleo intorno al quale ruota l’equivoco del povero animale protagonista di sto proverbio.

Ce n’è un altro che tutte le volte che lo uso la gente mi guarda con compiaciuta soddisfazione, è una specie di briscola dei refranes porteños, con la quale tutti si trovano d’accordo: “billetera mata galán”. Vangelo.

Però vorrei chiudere questa notina leziosa e inutile con un refrán che mi venne presentato previa breve spiegazione e che qui vi riporto. L’origine del proverbio si farebbe risalire alla storia di un gaucho che trovato in casa dalla moglie a fornicare con un’altra donna, ebbe egli l’ardire e la faccia tosta di rispondere così: Acá se coge! Estés o no estés.

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I magnifici dieci, i migliori film della storia del cinema argentino.

La rivista Rumbos – esce con l’edizione domenicale di diversi giornali regionali – ha chiesto a venticinque personaggi del cinema argentino (attori, registi, scrittori, etc.) di indicare i loro film preferiti.

Ne è uscita questa classifica dei “dieci migliori film” della storia del cinema nazionale. Molti di essi si possono vedere interi su youtube, quasi tutti dovrebbero essere disponibili a noleggio o acquisto, per chi vive qui.

I link che ho messo io vanno al trailer su youtube, o alla pagina wikipedia, secondo come mi girava. L’inquietante foto del titolo è tratta da El dependiente; il video finale è un trailer (artigianale?) del terrificante (e amatissimo, da quasi tutti gli altri) Esperando la carroza, l’unico film che per me poteva stare tranquillamente fuori dalla lista.

I magnifici dieci

1. El dependiente Leonardo Favio, 1969
2. La historia oficial Luis Puenzo, 1985
3. Esperando la carroza Alejandro Doria, 1985
4. Crónica de un niño solo Leonardo Favio, 1964
5. El secreto de sus ojos Juan José Campanella, 2009
6. Pizza, birra, faso Bruno Stagnaro e Israel A. Caetano, 1997
7. La tregua Sergio Renán, 1974
8. Las aguas bajan turbias Hugo del Carril, 1952
9. Nueve reinas Fabián Bielinsky, 2000
10. Rosaura a las diez Mario Soffici, 1958

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