Lo spazio che oggi costituisce la Patagonia Argentina è stato territorio di indigeni, creoli, gesuiti e immigranti europei di diverse nazionalità. E San Carlos de Bariloche non fu un’eccezione.
Lo prova persino il nome della città, miscela del passo della cordigliera trovato da un gesuita a sud di Cerro Tronador, Vuriloche, e del nome del commerciante tedesco che costruì la prima casa nel 1895, Don Carlos Wiederhold, che per errore fu tramandato come San Carlos; poi, per uno sbaglio di stampa di fine del secolo XIX fu sostituito dal vocabolo indigeno Bariloche.
L’ambiente circostante fuori dalla città è tanto naturale che permette d’immaginare i tehuelches, puelches e pehuenches cacciando struzzi e guanachi nei dintorni del lago Nahuel Huapi, sopportando inverni molto freddi con venti terribili e con piogge scarse che gli impedivano di coltivare la terra.
Questi indigeni rimasero nella zona fino alla seconda metà del secolo XVII, quando furono assorbiti da un popolo più forte ed evoluto culturalmente, i mapuches, che si trasferirono dal territorio cileno scappando dai coloni spagnoli.
Dallo stesso passo della cordigliera che avevano utilizzato per la prima volta i mapuches - attraverso Le Ande verso est - nel 1550 arrivarono gli spagnoli che vivevano a sud del Cile.
Nel 1653 arrivarono in questo territorio i sacerdoti gesuiti, che realizzarono un’opera di evangelizzazione in accordo con il loro credo cattolico. Poco a poco, gli indigeni si videro obbligati a cambiare le proprie abitudini e piano piano diminuirono di numero. La mancanza d’informazioni sulle caratteristiche geografiche del luogo, fu il motivo per cui alcuni scienziati pionieri vennero inviati per raccogliere dati sulla regione.
Tuttavia il fatto che avrebbe cambiato definitivamente le caratteristiche culturali fu la Campagna al Deserto, una guerra che si sviluppò nel 1878-79 e che ebbe per obiettivo l’allontanamento degli indigeni, in modo tale che la zona venisse occupata da abitanti bianchi che provenivano dal nord del paese.
Lentamente si aggiunsero immigranti di diversa nazionalità, un processo che fu promosso dal governo argentino dell’epoca. Prima arrivarono i tedeschi e gli americani del nord e una decade dopo, nel 1904, arrivarono gli abitanti svizzeri che risiedevano temporaneamente in Cile. L’economia si rinnovò e incominciarono a funzionare segherie, carpenterie e latterie, insieme ad altre attività come la costruzione di navi artigianali per trasporto merce.
In questa zona vergine e lontana dai grandi centri abitati, i nuovi abitanti dovettero sacrificarsi e lavorare per consolidare le basi economiche della regione. Senza dubbio, i discendenti di quei pionieri sono il vivo ricordo di quell’epoca, con il compito di trasmettere di generazione in generazione le gesta della fondazione di questa regione.
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